Lo scopo della guerra secondo Orwell – Parte 8

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Nella prima, nella seconda, nella terza, nella quarta, nella quinta, nella sesta e nella settima parte di questa rubrica “lo scopo della guerra secondo Orwell” abbiamo proposto il CAPITOLO III di “TEORIA E PRASSI DEL COLLETTIVISMO OLIGARCHICO”, il saggio presente nell’opera 1984 che il protagonista Winston Smith si trova a leggere in un momento di riposo, verso pagina 150 del libro.

Oggi proseguiamo continuando il capitolo V da dove l’avevamo interrotto.


George Orwell

Capitolo III: La Guerra è pace

PARTE VIII

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Quando, però, diventa letteralmente continua, la guerra cessa anche di essere pericolosa. Quella che si chiama necessità militare viene a mancare. Il progresso tecnologico può anche arrestarsi, mentre i fatti più concreti possono essere negati o trascurati. Abbiamo visto che per fini bellici si fanno ancora ricerche che si potrebbero definire scientifiche, ma si tratta di fantasticherie o poco più, né ha importanza alcuna che non sortiscano effetti pratici. Dell’efficienza non si ha più bisogno, nemmeno di quella militare. In Oceania nulla funziona, tranne la Psicopolizia. Dal momento che nessuno dei tre superstati può essere conquistato, ognuno di loro costituisce un autentico mondo a parte, all’interno del quale è possibile praticare in tutta sicurezza qualsiasi forma di perversione del pensiero. La realtà esercita il suo peso solo sui bisogni della vita quotidiana: la necessità di mangiare e bere, di avere un tetto, di coprirsi, di non ingoiare veleno, di non cadere da una finestra dei piani alti eccetera. Vi è ancora differenza fra la vita e la morte, fra il piacere fisico e il dolore fisico, ma questo è tutto. Tagliato fuori da ogni contatto con il mondo esterno e con il passato, il cittadino dell’Oceania è simile a un uomo che si trovi nello spazio interstellare e che non ha la possibilità di sapere dov’è l’alto e dov’è il basso. I governanti di uno stato del genere esercitano un potere assoluto, che non vantavano nemmeno i faraoni e gli imperatori romani. Sono obbligati a fare in modo che i loro seguaci non muoiano di fame in numero tale da costituire un serio problema; per quanto riguarda la tecnica militare, sono tenuti a mantenersi sullo stesso, basso livello dei rivali, ma una volta raggiunto questo minimo, possono riplasmare la realtà a loro piacimento.

Commento prima parte

Questa prima parte rispecchia la tipica vita occidentale, dove tutto è il contrario di tutto e in ogni caso gli eccessi sono considerati "normali". L'arte del bipensiero applicato su vasta scala

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Pertanto la guerra, se la si giudica coi criteri dei conflitti passati, è un’autentica impostura. Somiglia a quelle battaglie fra certi ruminanti le cui corna hanno un’angolatura tale che impedisce loro di ferirsi. Pur essendo fasulla, però, la guerra non è priva di significato. Essa divora tutti i beni di consumo in eccedenza e contribuisce a conservare quella speciale disposizione mentale di cui ha bisogno una società organizzata gerarchicamente. Come vedremo, la guerra è oggi un affare puramente interno. In passato i gruppi dirigenti di ogni paese potevano anche riconoscere gli interessi comuni e quindi limitare gli effetti devastanti della guerra, ma si combattevano sul serio: il vincitore saccheggiava sempre il vinto. Al giorno d’oggi nessuno combatte veramente contro un altro. Oggi i gruppi dirigenti fanno innanzitutto guerra ai propri sottoposti, e il fine della guerra non è quello di conseguire o impedire conquiste territo-riali, ma di mantenere intatta la struttura della società.

Commento seconda parte

Autentica impostura. Questo è il concetto cardine che andrebbe realmente fatto leggere a tutti. La guerra in sé non serve A NULLA tranne che agli scopi di chi le crea. Non hanno l'accezione che noi di solito pensiamo. E' pura finzione, Le persone muoiono, certo. E' quello che vogliono.

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La stessa parola “guerra” è pertanto divenuta fuorviante. Non si sarebbe probabilmente lontani dal vero se si affermasse che, diventando perenne, la guerra ha cessato di esistere. Quelle particolari forme di pressione subite dagli esseri umani dal neolitico al XX secolo sono scomparse, sostituite da qualcosa di totalmente diverso. Se i tre superstati, invece di combattersi vicendevolmente, stabilissero di vivere in sempiterna pace, ognuno inviolato entro i propri confini, l’effetto sarebbe identico. In tal caso, infatti, ognuno di loro costituirebbe un universo in sé conchiuso, per sempre libero da influssi esterni che potrebbero infiacchirne la fibra. Una pace davvero permanente sarebbe la stessa cosa di una guerra permanente. Anche se la maggior parte dei membri del Partito l’intendono in modo più superficiale, è questo il vero significato dello slogan “La guerra è pace”.

Commento terza parte

Interessante il concetto secondo il quale l'assenza di guerre equivarrebbe alla presenza delle stesse. In un mondo diviso in superpotenze "too big to fail" ecco che la guerra assume  uno scopo diverso da quello per cui sono nate.

scopo della guerra
mappa 1984 di George Orwell

Seguirà parte 9. Se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo e commentate le vostre considerazioni

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