Non si fa altro che parlare di guerre ultimamente, come se fosse normale. Render normale l’anormale fa parte, come ben sappiamo, della cosiddetta “Finestra di Overton“, concetto introdotto dal noto sociologo nel secolo scorso. Ma cos’è realmente la guerra? Perché esiste? A ce scopo?
Ebbene, personalmente mi ritrovo molto nel saggio inventato da Orwell nel suo libro “1984” intitolato TEORIA E PRASSI DEL COLLETTIVISMO OLIGARCHICO. Questo libro nel libro introduce concetti assai rilevanti, che tutti dovrebbero almeno una volta nella vita leggere e soffermarsi sugli aspetti sottintesi che Orwell tenta di far intravedere.
Ecco il perché di questa prima parte scritta, che avrà un seguito video e successive parti testo/video dove andrò ad analizzare secondo concetti personali ciò che l’autore ha trasmesso, in modo da render digeribile ai più il romanzo.
George Orwell
Capitolo III: La Guerra è pace
PARTE I
La divisione del mondo in tre grandi superstati era un evento prevedibile, e di fatto venne previsto prima della metà del XX secolo. In seguito all’assorbimento dell’Europa da parte della Russia, e dell’Impero Britannico da parte degli Stati Uniti, erano già nate due delle tre potenze oggi esistenti. La terza, l’Estasia, si formò come entità autonoma dopo un ulteriore decennio di lotte alquanto confuse. Le frontiere fra i tre superstati sono in alcune aree arbitrarie, in altre variano a seconda di quanto pro- ducono gli eventi bellici, ma in generale sono fissate da precise coordinate geografiche. L’Eurasia comprende l’intera Europa settentrionale e i territori dell’Asia, dal Portogallo allo stretto di Bering; l’Oceania abbraccia le Americhe, le isole atlantiche, ivi comprese le Isole Britanniche, l’Australasia e le regioni meridionali dell’Africa; l’Estasia, meno estesa delle altre due potenze e con una frontiera occidentale meno definita, comprende la Cina e i paesi a sud di essa, le isole del Giappone e un’am- pia seppur fluttuante sezione della Manciuria, della Mongolia e del Tibet.
In una combinazione costantemente variabile, questi tre superstati sono in una condizione di guerra perenne. La guerra, però, non è più una lotta disperata e all’ultimo sangue, come avveniva nei primi decenni del XX secolo. Si tratta invece di conflitti con scopi limitati fra belligeranti incapaci di distruggere il nemico, che non hanno motivi materiali per combattersi e che non sono divisi da differenze apprezzabili sul piano ideologico. Ciò non significa che la condotta di guerra o l’atteggiamento stesso nei confronti della guerra siano diventati meno cruenti o più leali.
In questa prima parte possiamo già vedere come vi siano dei "superstati" che gestiscono e coordinano (con la forza) ampie porzioni di terra e che sono perennemente in lotta fra loro ma senza andare a collidere in maniera irreversibile, mantenendo cioè una sorta di "guerra perpetua".
Al contrario, in tutti i paesi l’isteria bellica è continua e generalizzata, e azioni come lo stupro, il saccheggio, il massacro di bambini, la riduzione di intere popolazioni in schiavitù, le rappresaglie nei confronti dei prigionieri (che vengono perfino bolliti o bruciati vivi), sono considerate normali e anzi meritorie, sempre che a commetterle non sia il nemico. Su un piano concreto, comunque, la guerra coinvolge solo un numero esiguo di persone, per la massima parte truppe altamente specializzate, e causa perdite relativamente limitate. I combattimenti, quando ci sono, si verificano in località di frontiera la cui ubicazione è praticamente ignota all’uomo comune, o intorno alle Fortezze Galleggianti poste a guardia di zone strategiche in mare aperto. Nei centri abitati la guerra non significa altro che continue riduzioni dei beni di consumo e dalla caduta occasionale di bombe-razzo che possono causare qualche dozzina di vittime. In realtà, la guerra ha cambiato carattere. Per essere più precisi, è mutato l’ordine gerarchico dei motivi per cui si combatte una guerra. Alcune motivazioni già presenti su piccola scala nelle grandi guerre dei primi decenni del XX secolo sono ora predominanti e sono scientemente riconosciute e perseguite come tali.
Il concetto di bipensiero orwelliano risulta evidente, raccontando come alcune nefandezze quali stupri e omicidi sono considerati normali tranne se "commetterle non sia il nemico". Parlando di centri abitati o di "bombe-razzo", non vi fa pensare a nulla, come ad esempio l'attuale conflitto russo ucraino (NATO) ?
Per comprendere la natura della guerra attualmente in corso (in realtà, a dispetto dei diversi schieramenti che si formano a distanza di pochi anni, si tratta sempre della stessa guerra), è innanzitutto necessario capire che essa non può avere una conclusione nel senso proprio del termine. Nessuno dei tre superstati potrebbe essere conquistato definitivamente, nemmeno se gli altri due si coalizzassero. Le loro strutture sono infatti troppo simili, e troppo forte è l’ostacolo costituito dalle difese naturali. L’Eurasia è protetta dal suo vastissimo territorio, l’Oceania dall’Atlantico e dal Pacifico, l’Estasia dalla prolificità e laboriosità dei suoi abitanti. In secondo luogo e materialmente parlando, non vi è più nulla per cui com- battere. Con l’avvento delle economie autosufficienti, in cui la produzione e il consumo dei beni sono strettamente connessi fra loro, l’aspra lotta per accaparrarsi nuovi mercati, che era un tempo una delle cause principali dei conflitti armati, è finita, mentre l’accesso alle materie prime non è più una questione di vita o di morte. In ogni caso, ognuno dei tre superstati è vasto abbastanza per produrre al suo interno tutto ciò di cui ha bisogno. Se ammettiamo che la guerra abbia uno scopo economico diretto, esso non può che consistere nella conquista di forza lavoro. Tra le frontiere che separano i tre superstati, pur non appartenendo in modo permanente ad alcuno di essi, è possibile tracciare una sorta di quadrilatero i cui angoli sono Tangeri, Brazzaville, Darwin e Hong Kong, che ospita circa un quinto della popolazione terrestre. È per il possesso di queste regioni fittamente popolate e della calotta polare nordica che i tre superstati sono in conflitto perenne, ma nessuna delle tre potenze riesce mai ad avere il controllo completo dell’area così definita. Parti di essa cambiano continuamente di mano, ed è l’eventualità di riuscire a impadronirsi di questa o quella sezione con repentini voltafaccia a dettare i continui mutamenti nella politica delle alleanze.
Anche qui, risulta chiaro e ben comprensibile come delle superpotenze siano "too big to fail", e quindi queste guerre sono da considerare scaramucce. Perché, ad esempio, il confine russo-americano dello Stretto di Bering non è interessato da nessun conflitto e, anzi, ci si limiti solo ad ammassare armi e personale militare lungo altre linee di fronte? Forse perché la guerra che vogliono farci passare non è quella che vediamo, ma solamente una "guerra orwelliana"?

Seguirà parte 2. Se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo e commentate le vostre considerazioni.
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