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Nella prima e nella seconda parte di questa rubrica “lo scopo della guerra secondo Orwell” abbiamo proposto il CAPITOLO III di “TEORIA E PRASSI DEL COLLETTIVISMO OLIGARCHICO”, il saggio presente nell’opera 1984 che il protagonista Winston Smith si trova a leggere in un momento di riposo, verso pagina 150 del libro.
Oggi proseguiamo continuando il capitolo III da dove l’avevamo interrotto.
INDICE
George Orwell
Capitolo III: La Guerra è pacE
PARTE III
Era però altrettanto chiaro che un incremento generalizzato del benessere avrebbe avuto come effetto indesiderato la distruzione di una società organizzata gerarchicamente. Già in un mondo in cui tutti avessero lavorato solo poche ore, avuto cibo a sufficienza, vissuto in case fornite di bagno e frigorifero, posseduto un’automobile o addirittura un aereo, sarebbero scomparse le forme di ineguaglianza più ovvie e forse più importanti. Una volta, poi, che una simile condizione fosse divenuta generale, la ricchezza non sarebbe stata più un segno di distinzione fra un individuo e l’altro. Era possibile, naturalmente, immaginare una società in cui la ricchezza, intesa come possesso di beni personali e di lusso, venisse distribuita equamente, nel mentre il potere restava nelle mani di una minuscola casta privilegiata, ma nella pratica una società del genere non avrebbe potuto rimanere stabile. Se, infatti, il benessere e la sicurezza fossero divenuti un bene comune, la massima parte delle persone che di norma sono come immobilizzate dalla povertà si sarebbero alfabetizzate, apprendendo così a pensare autonomamente; e una volta che questo fosse successo, avrebbero compreso prima o poi che la minoranza privilegiata non aveva alcuna funzione e l’avrebbero spazzata via. Sul lungo termine, una società gerarchizzata poteva aversi solo basandosi sulla povertà e sull’ignoranza. Ritornare al passato agricolo, come avevano auspicato alcuni pensatori all’inizio del XX secolo, era una soluzione impraticabile. Cozzava infatti contro quella tendenza alla meccanizzazione divenuta pressoché istintiva in quasi tutto il mondo; inoltre, tutti i paesi che non si fossero sviluppati industrialmente sarebbero rimasti indifesi da un punto di vista militare e destinati a essere dominati, direttamente o indirettamente, dai paesi rivali.
Commento prima parte
L'alfabetizzazione del dopoguerra in Europa e il conseguente boom economico hanno portato ai giorni d'oggi in cui, come "prevedeva" Orwell, v'è presenza di una larghissima fascia di popolazione benestante che ha il sacrosanto diritto divino di vivere degnamente. Ciò comporta alle grandi multinazionali (più comunemente conosciute con l'acronimo big: bigpharma, bigtech, ecc..) la fatica, se così possiamo definirla, di derubare tutti i beni di queste popolazioni per appropriarsene. Così facendo si crea fame, disuguaglianza e discriminazione, ottenendo una lotta tra poveri che penseranno a scannarsi tra loro piuttosto che prendersela con chi realmente li deruba.
Lettura
D’altra parte, mantenere le masse in uno stato di povertà comprimendo la produzione delle merci non rappresentava una soluzione soddisfacente. Ciò avvenne di fatto e su larga scala durante la fase finale del capitalismo, più o meno nel periodo compreso fra il 1920 e il 1940. Si consentì all’economia di molti paesi di stagnare, la terra non venne coltivata, le ricapitalizzazioni arrestate, ampi strati della popolazione mantenuti senza occupazione, sorretti unicamente dalla carità dello Stato. Anche questo sistema, però, ebbe come logica conseguenza un indebolimento sul piano militare e, poiché le privazioni che imponeva erano inutili, l’opposizione a esso divenne inevitabile. Il problema era come riuscire a far girare le ruote dell’industria senza incrementare la ricchezza reale del mondo. I beni di consumo dovevano essere prodotti, ma non distribuiti. E in effetti l’unico modo per raggiungere un simile obiettivo era uno stato di guerra perenne.
Commento seconda parte
Ed ecco che l'industria entra nel gioco. Gli uomini in quanto unica forza lavoro non servono più e quindi si incrementa la produzione grazie alle macchine. Gli uomini servono solo per guerre. Se ci pensate bene, la guerra così come la conosciamo oggi usa tecnologie come la polvere da sparo che, secondo Treccani, è vecchia almeno di mille anni. Eppure pensiamo sia normale nel 21° secolo (e anche qui ci sarebbe da aprire infinite parentesi... ndr) utilizzare tali tecniche.
Lettura
Scopo essenziale della guerra è la distruzione, non necessariamente di vite umane, ma di quanto viene prodotto dal lavoro degli uomini. La guerra è un modo per mandare in frantumi, scaraventare nella stratosfera, affondare negli abissi marini, materiali che altrimenti potrebbero es-sere usati per rendere le masse troppo agiate e, a lungo andare, troppo intelligenti. Anche quando gli armamenti non vengono distrutti, la loro produzione continua a essere un mezzo conveniente per utilizzare la forza lavoro senza produrre nulla che sia possibile consumare. Una Fortezza Galleggiante, per esempio, coinvolge una quantità di maestranze che sarebbero sufficienti a costruire centinaia di navi mercantili. Infine, senza che abbia arrecato benefici a chicchessia, viene smantellata e si costruisce un’altra Fortezza Galleggiante, facendo ricorso a ulteriori ed e-normi energie umane. In linea di principio, lo sforzo bellico è pianificato in modo da divorare ogni bene eccedente i bisogni fondamentali della popolazione. In effetti i bisogni della popolazione sono costantemente sottovalutati, con la conseguenza che vi è una carenza cronica di una buona metà dei beni necessari, ma a ciò si guarda come a un vantaggio. È frutto di un preciso progetto politico mantenere anche i gruppi sociali privilegiati in un regime prossimo alla ristrettezza, perché una condizione di penuria generalizzata rafforza l’importanza dei piccoli privilegi, accentuando così le differenze fra un gruppo e l’altro. A fronte del tenore di vita dei primi anni del XX secolo, perfino un membro del Partito In-terno conduce un’esistenza austera quanto laboriosa. Ciononostante, quei pochi lussi di cui gode, l’appartamento spazioso e ben arredato, la migliore qualità degli abiti, del cibo, delle bevande, del tabacco, i due o tre domestici, l’automobile o l’elicottero privati lo collocano in un altro mondo rispetto a un membro del Partito Esterno. A loro volta, i membri del Partito Esterno godono di analoghi vantaggi rispetto a quelle masse sommerse che chiamiamo “prolet”. L’atmosfera sociale è quella di una città in stato d’assedio, in cui il possesso di un pezzo di carne equina fa la differenza tra la ricchezza e la povertà. Nello stesso tempo, la consapevolezza di essere in guerra, e quindi in pericolo, fa sì che la concentrazione di tutto il potere nelle mani di una piccola casta sembri l’unica e inevitabile condizione per poter sopravvivere.
Commento terza parte
"Scopo essenziale della guerra è la distruzione, non necessariamente di vite umane, ma di quanto viene prodotto dal lavoro degli uomini." C'è altro da aggiungere? Quando parla di "Fortezza galleggiante" pensate alle odierne navi da guerra come le portaerei. Secondo un articolo de Il Post (quindi non ilcomplottista.it ) cito: "Nel 2017 per esempio la USS Gerald R. Ford, la prima nave di una nuova classe di portaerei a propulsione nucleare, è diventata la nave da guerra più costosa di sempre: 13 miliardi di dollari (circa 11,7 miliardi di euro)...". 13 miliardi per una barca... Secondo invece uno studio di ArchivioDisarmo cito: "La spesa militare globale totale è aumentata dello 0,7% in termini reali nel 2021, per raggiungere i 2.113 miliardi di dollari". In uno studio di Money.it che dice, cito: "Secondo lo studio di un’aggregazione internazionale di diverse organizzazioni di ricerca sono necessari 330 miliardi di dollari per l’obiettivo “fame zero” entro il 2030." Pensate, con se usassimo (anzi, usassero) 330 dei 2113 che ogni anno spendono in soli armamenti, sconfiggerebbero la fame nel mondo. Eppure non accade. Secondo voi perché? Meditate :)

Seguirà parte 4. Se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo e commentate le vostre considerazioni